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img Shadow of the Tomb Raider
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Shadow of the Tomb Raider - anteprima hands-on

A poco più di un mese di distanza dall’uscita di Shadow of the Tomb Raider, Square Enix ci messo a disposizione per 5 lunghe ore una demo basata sulla versione finale del gioco, nella quale abbiamo potuto provare a fondo il titolo in tutte le sue parti: eccovi il nostro resoconto completo!
Buio. Mentre la scena inizia a prendere forma sullo schermo, alcune voci confuse emergono dal frastuono di sottofondo. All’improvviso un urlo. E’ Lara. Il piccolo aereo sul quale si trova con il suo amico Jonah sta precipitando. La giovane archeologa allontana il corpo esanime del pilota dalla cloche e tenta inutilmente di riprendere il controllo del velivolo. A bordo non ci sono paracadute, e la situazione appare da subito disperata. La fusoliera del vetusto bi-elica scricchiola e le giunture iniziano a cedere mentre la terra si fa sempre più vicina. Lara intima al suo compagno di avventure di prepararsi a saltare, ma prima che riesca a convincerlo a compiere un gesto così folle l’aereo si spezza letteralmente in due e Jonah scompare tra le nuvole basse insieme alla parte posteriore del mezzo. L’ultima erede della famiglia Croft, invece, precipita inesorabilmente verso il suolo insieme a quello che resta della cabina del velivolo. Ha giusto il tempo di allacciarsi la cintura e prepararsi al violento impatto con le fronde degli alberi. Poi è di nuovo tutto buio.

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E’ con questa sequenza al cardiopalma che Shadow of the Tomb Raider, il terzo ed ultimo capitolo della trilogia dedicata alla "rinascita" dell'archeologa più famosa del mondo, accoglie chi impugna il pad. Un’introduzione volutamente poco chiara, ma che serve per riportare istantaneamente il giocatore alle spettacolari atmosfere rese celebri dalla serie a partire dal 2013. Ci penserà poi il prologo del gioco a fare luce sugli avvenimenti precedenti a questo incidente ed a creare la giusta continuità con il passato. Il nuovo episodio, nelle intenzioni degli sviluppatori, rappresenta infatti l’ultima fase del percorso di crescita della protagonista. Un percorso complesso, iniziato al largo dell’isola di Yamatai e proseguito sui gelidi sentieri siberiani che hanno portato l’esploratrice britannica al cospetto della Sorgente Divina. Durante il suo ultimo viaggio Lara si è imbattuta nella Trinità, un’antica società segreta oggi tramutatasi in esercito para-militare, composta da persone disposte a tutto per ottenere la vita eterna. Per non soccombere Lara ha dovuto dire addio alla fragilità del proprio carattere ed abbracciare con decisione il suo destino, nel bene e nel male. Nel farlo però non si è mai fatta da parte. Non si è mai tirata indietro. E’ sopravvissuta alla furia di Himiko, ha impedito alla Trinità di raggiungere i suoi scopi ed ha promesso a sé stessa che avrebbe fatto di tutto per impedire ai suoi adepti di mettere le mani sul segreto dell’immortalità. Così facendo è diventata più forte, più cinica e più determinata, ma anche più cupa. La volontà di contrastare l’organizzazione segreta, unita al desiderio costante di riabilitare la reputazione della sua famiglia nella comunità scientifica, si sta inesorabilmente trasformando per Lara in una vera e propria ossessione. E le ossessioni, si sa, non portano mai nulla di buono. Ma andiamo con ordine.

MX Video - Shadow of the Tomb Raider

La trama del nuovo capitolo si apre nei pressi del villaggio messicano di Cozumel durante el Dia de Los Muertos, il Giorno dei Morti. Lara e Jonah sono giunti nel paese seguendo le tracce della Trinità, nel disperato tentativo di impedirgli di individuare la misteriosa città Inca di Paititi che, però, non si trova in Messico, e nemmeno in Brasile come crede erroneamente la Trinità. Si trova in Perù, ed è qui che si recheranno i due protagonisti dopo aver indagato sulla presenza nel villaggio del capo dell’organizzazione, Dominguez, giunto in zona per supervisionare l’esito di alcuni scavi. Indagini che porteranno al ritrovamento di un antico pugnale che, dice la leggenda, è proprio la chiave necessaria per accedere alla città segreta. Lara, vittima della sua stessa ossessione, decide di impossessarsi della reliquia per evitare che finisca nelle mani sbagliate. Un gesto impulsivo che avrà delle conseguenze disastrose, sia sulla popolazione che sulla sua salute mentale, ed alle quali seguirà poi il catastrofico volo verso il Perù mostrato nella sequenza di apertura. Da qui prenderà il via un’avventura della quale preferisco non rivelare ulteriori dettagli ma che, da quanto visto durante le oltre 5 necessarie per completare la demo messaci a disposizione (su Xbox One X, peraltro) da Square Enix e raggiungere le porte della città di Paititi, sembra avere tutte le carte in regola per concludere nel migliore dei modi la trilogia. La sceneggiatura a base di profezie Maya sulla fine del mondo mi è parsa decisamente più oscura rispetto al passato, e la presenza di un nuovo carismatico villain, unita all’indecifrabile evoluzione della protagonista, sembra poter dare alla narrazione quel qualcosa in più che tutti i fan si aspettano da questo capitolo di fine trilogia, dal quale dovrebbe emergere la Lara Croft "definitiva" che vedremo protagonista dei futuri episodi della serie.

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Conclusa la doverosa parentesi dedicata alla trama passiamo ora ad analizzare il gameplay, che come prevedibile si è dimostrato fin da subito molto familiare. In Shadow of the Tomb Raider ritroviamo infatti tutte le meccaniche che hanno permesso ai due capitoli precedenti di diventare un punto di riferimento per gli appassionati del genere con esplorazione, salti, scalate, enigmi , collezionabili, combattimento stealth, sezioni subacquee e sequenze scriptate. Dopo 20 minuti passati ad avanzare tra grotte umide, villaggi in festa, accampamenti militari e scogliere a strapiombo sul mare in tempesta, mi era già chiaro che nel gioco non manca praticamente nulla. Questo però non vuol dire che il titolo sia identico al suo predecessore, tutt’altro. La prima grande novità riguarda infatti la possibilità di selezionare livelli di difficoltà separati per le fasi di esplorazione, gli enigmi e gli scontri a fuoco. Le opzioni disponibili per ciascuno sono 3, da facile a difficile, e vanno ad incidere su differenti parametri come la difficoltà degli scontri e degli enigmi, i suggerimenti forniti da Lara, gli aiuti presenti a schermo e gli elementi che vengono evidenziati quando si usa l’istinto di sopravvivenza della protagonista. Ovviamente è ancora possibile selezionare un livello di sfida “generale”, ma la distinzione per area del gameplay è comunque un’aggiunta davvero gradita che, da quanto visto, dovrebbe consentire a tutti gli appassionati di trovare il giusto equilibrio tra difficoltà e divertimento.

A fare ulteriormente la differenza ci pensano alcune interessanti aggiunte e modifiche, pensate per espandere dinamiche rodate e per sottolineare l’evoluzione, fisica e psicologica, della protagonista. Alcune di queste iniziano già a farsi notare nella seconda parte del prologo, quando l’archeologa si imbatte nel primo vero gruppo di nemici. E’ qui che mi accorgo che Lara non è più solo una ricercatrice che usa tecniche di guerriglia per sfuggire al nemico. E’ diventata una predatrice letale, capace di adattarsi ad ogni situazione e di sfruttare sempre l’ambiente a suo vantaggio. Può ancora nascondersi nei cespugli, ma sa anche come appiattirsi contro le pareti ricoperte di rampicanti, come camuffare il suo corpo con il fango per confondersi con la vegetazione e come sfruttare a suo vantaggio gli alberi, i dislivelli e gli specchi d’acqua presenti nel gioco per tendere efferate imboscate ad avversari e prede. L’arrivo di un elicottero carico di soldati in assetto da guerra mi costringe però ad abbandonare l’approccio stealth in favore di un sano scontro a fuoco, utile per dare un primo sguardo alla componente shooter del titolo, sostanzialmente invariata rispetto al passato per quanto riguarda le meccaniche ma che, tra esplosioni e parti di scenario che crollano, mette subito in mostra una maggiore interattività con l’ambientazione. Sempre in questa fase inizio a familiarizzare con l’ottimo lavoro svolto dagli sviluppatori per rendere le aree sommerse decisamente più coinvolgenti. Ora si passa molto più tempo in apnea e per sopravvivere bisogna necessariamente individuare le poche sacche d’aria presenti, il tutto mentre si cerca di non rimanere bloccati e di non essere attaccati da una murena o da un branco di pesci carnivori. Buone notizie anche sul fronte della gestione delle fasi di nuoto: in questo capitolo la protagonista si muove in modo molto più verosimile, sia in superficie che in profondità, ed anche i controlli mi sono sembrati molto più rifiniti.

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Con l’arrivo nella lussureggiante giungla boliviana, anche le altre novità iniziano a fare rapidamente capolino. L’atterraggio di fortuna infatti non ha solo separato Lara da Jonah, ma le ha anche portato via tutto il suo equipaggiamento. La conseguente porzione di gioco dedicata al recupero degli strumenti e al ricongiungimento del gruppo mi fornisce quindi una panoramica abbastanza dettagliata degli aspetti legati alla crescita del personaggio, alla raccolta delle risorse ed al crafting. Anche in questo caso gli sviluppatori hanno deciso di non modificare la struttura originale, ma di affinare ed ampliare dove possibile le opportunità a disposizione del giocatore. In Shadow of the Tomb Raider sono presenti 60 diversi talenti, suddivisi come nel precedente capitolo in 3 differenti specializzazioni legate all’esplorazione, al combattimento ed alla furtività. Il nuovo capitolo abbandona però il sistema su più livelli in favore di uno sviluppo libero basato sul numero di punti abilità o sui talenti necessari per sbloccare una specifica skill, con alcuni talenti che possono essere ottenuti solo completando specifiche missioni o tombe. In questo terzo capitolo avremo poi a disposizione una maggior varietà di risorse naturali da raccogliere, alcune delle quali potranno essere consumate per potenziare temporaneamente le caratteristiche fisiche di Lara o la sua innata capacità percettiva, ed un maggior numero di oggetti craftabili, alcuni dei quali potranno essere ottenuti solo consumando materie prime estremamente rare. All'inizio mi sono accontentato di mettere insieme un pugnale e di recuperare il mio fido arco, prima di rimettermi in marcia per raggiungere Jonah e ripartire insieme a lui verso la meta originale del viaggio, il villaggio di Kuwaq Yaku.

Questa sezione, decisamente meno lineare di quella introduttiva e scandita da diversi scontri con i soldati della Trinità e con una graziosa famigliola di giaguari assetati di sangue, mi consente finalmente di approfondire gli aspetti legati agli enigmi ambientali ed alle tombe. I primi si manifestano davanti a me sotto forma di un ponte in legno da sollevare attraverso un complicato sistema di contrappesi messi in movimento da un rudimentale impianto idraulico, mentre l’ingresso della seconda, che conduce ad una gigantesca scala da issare tramite pesanti statue, devo andarmelo come di consueto a cercare tra le fronde dopo aver ricevuto una notifica attraverso l’interfaccia. In entrambi i casi le meccaniche di base sono rimaste le stesse dei giochi precedenti, ma l’impressione è che tutto si sia spostato su un livello di profondità più elevato. Per risolvere gli enigmi infatti non basta più guardarsi intorno per individuare punti con i quali interagire, a mani nude o tramite le varie tipologie di frecce a nostra disposizione, ed avere il giusto tempismo, ma sono necessarie più manovre, spesso consequenziali, e anche una giusta dose di arguzia. Nel caso del ponte, per esempio, era necessario dapprima far arrivare l’acqua nella parte più alta dell’impianto idraulico, poi bisognava ri-allineare le condotte per evitare che la stessa fuoriuscisse durante il percorso verso il contrappeso ed infine era richiesta una discreta dose di rapidità per riuscire a fissare il meccanismo prima che il povero Jonah esaurisse le energie, costringendomi a ripetere da capo le ultime operazioni. Più o meno simile la situazione nella tomba. Guardandomi intorno ho subito capito di dover utilizzare le statue presenti per sollevare la scala e raggiungere la reliquia presente, ma per capire come bloccarle ed in quale ordine mi ci sono voluti numerosi tentativi, conditi da altrettante imprecazioni.

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Una volta raggiunto il villaggio mi imbatto, quasi per caso, in una side-quest. Vedo un losco figuro che spintona un uomo e decido di avvicinarmi proprio mentre sulla sua testa compare la relativa icona. Parlando con il personaggio scopro che la Trinità sta schiavizzando gli abitanti del villaggio, compresi alcuni ragazzini. Lara ovviamente non può restarne fuori e decide di aiutarlo dando il via ad un incarico che di per sé si rivela abbastanza semplice. Devo solo raggiungere un luogo situato appena fuori da confini dell’insediamento e fare fuori in qualche modo i membri della Trinità, così da liberare gli abitanti tenuti prigionieri. Come ricompensa ricevo una River Hack, una pistola dotata di elevata potenza di fuoco ma rateo ridotto, che decido seduta stante di promuovere a mia arma principale. Girovagando per le strade del piccolo insediamento mi imbatto inoltre in un mercante, tramite cui posso comprare e/o vendere risorse e materiali di consumo in cambio di preziosi pezzi d’oro. Anche in questo caso non si può quindi parlare di vere e proprie novità, visto che le missioni secondarie ed i vendor erano presenti anche nei precedenti capitoli, ma piuttosto di una modifica strutturale. Alcuni incarichi opzionali in passato davano l’impressione di essere slegati dal resto ed i mercanti mettevano a disposizione del giocatore giusto un paio di oggetti acquistabili, mentre ora la sensazione è che gli sviluppatori abbiano fatto grandi passi in avanti per approfondire ed integrare al meglio questi aspetti nel contesto narrativo.

L’ultima parte della mia prova si svolge appena fuori dai confini del villaggio. Qui trovo l’ingresso di una nuova tomba della sfida, completamente diversa dalla precedente. Dopo essere sfuggito alle volpi che proteggono l’ingresso, mi trovo infatti di fronte ad un lungo corridoio in fiamme, che possono essere superate solo con una discreta dose di ingegno. All’esterno soffia un forte vento, e l’unico modo per poter raggiungere la fine del percorso è quello di agire sulle feritoie poste sulle pareti per sfruttare l'impeto del vento e spegnere gli incendi, per spostare gli enormi lampadari presenti nella stanza e per liberare il sottile ponte di pietra dai numerosi ostacoli. Inutile sottolineare che, anche in questo caso, mi ci sono voluti parecchi minuti per raggiungere l’agognata ricompensa, nel corso dei quali ho più volte assistito alle crude sequenze di game over previste dagli sviluppatori. A pochi passi dalla tomba si erge poi un’antica struttura pre-colombiana, dimora di altri due enigmi e presunta via d’accesso alla leggendaria Paititi. Il primo, un rompicapo basato esclusivamente sulla numerazione Maya collegato ad alcune porte in pietra, non richiedeva particolari doti atletiche ma solo una discreta capacità logica mentre il secondo, che si sviluppava interamente in verticale, mi ha fatto decisamente faticare. Il congegno al centro di tutto, alto almeno una decina di metri e composto da un perno rotante attivato da vele disposte su più piani, metteva in rotazione alcune parti delle dello stesso e anche un paio di pannelli posti sulle pareti più esterne della struttura. Per raggiungere la cima ho dovuto sfoderare dapprima tutte le mie abilità atletiche, necessarie per scovare i meccanismi di attivazione delle vele e per scalare le prime parti della struttura, e poi affidarmi al tempismo, indispensabile per poter sopravvivere all’intricato sistema di parti rotanti presente nella parte più alta del congegno. Una volta in cima ho “solamente” dovuto superare un baratro infinito ed appendermi ad una parete rocciosa, che ha pensato bene di iniziare a sgretolarsi proprio durante il mio passaggio. Non chiedetemi quante volte sono morto per arrivare alla fine. Non sarebbe educato. Questa impegnativa sezione, a dispetto di quanto si potrebbe pensare, non sanciva però la fine della demo. Nei minuti successivi ho infatti dovuto affrontare un’ultima, breve, fase esplorativa durante la quale Lara ha messo in mostra la capacità di saltare da un appiglio all’ altro usando il rampino in modo simile a quanto fa il nostro amato Spidey di quartiere, che mi ha condotto alle porte della città di Patiti e, di conseguenza, alla fine della prova.

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A conti fatti non ci troviamo quindi di fronte ad una rivoluzione, ma credo che nessuno se lo aspettasse, e nemmeno ad un sistema di gioco completamente inedito. Shadow of the Tomb Raider assomiglia molto ai suoi predecessori sotto tutti i punti di vista ma, al contempo, risulta comunque diverso, direi più maturo, proprio come la protagonista. Sì, perché è evidente che Eidos Montréal e Crystal Dynamics abbiano lavorato molto in questi anni per perfezionare la loro formula e, soprattutto, per trovare il giusto mix tra tutti gli elementi presenti. Le tombe ora non hanno solo una maggiore importanza, ma appaiono molto più varie ed articolate, così come gli enigmi, e lo stesso si può dire delle sezioni stealth, ora molto più strutturate. Anche le fasi esplorative e lo sviluppo del personaggio sembrano aver subito un processo di affinamento, seppur meno marcato rispetto a tutto il resto. Ad essere pignoli forse si poteva fare qualcosa di più per rendere gli scontri a fuoco meno legnosi, ma vista l’importanza delle sparatorie nell’economia del gioco personalmente non lo ritengo un vero e proprio problema. Ciò che colpisce maggiormente è però la naturalezza con cui tutti questi elementi si fondono per dare vita ad un’avventura capace di tenere il giocatore incollato allo schermo. Nelle oltre 5 ore di gioco ho esplorato caverne, ho preso parte ai festeggiamenti del Dia de Los Muertos, ho scalato pareti apparentemente inaccessibili, ho imparato lingue antiche, ho combattuto selvaggiamente contro soldati e predatori di ogni sorta, ho attraversato foreste, sono sopravvissuto ad un incidente aereo e persino alla furia di una qualche divinità Maya ma non ho mai incontrato tempi morti e, anzi, ho apprezzato i continui cambi di ritmo presenti, frutto di una regia attenta e capace di sottolineare ogni istante con la giusta inquadratura o la giusta prospettiva, e di un level design che, forte dell’innata bellezza dei panorami sudamericani, regala vagonate di passaggi mozzafiato, come quando ci ritrova ad attraversare una parte di foresta camminando sui rami in compagnia di alcune scimmie curiose o quando si deve sfuggire alla forza di uno tsunami saltando tra le piattaforme galleggianti.

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Nonostante tutto questo, Shadow of the Tomb Raider però non sarebbe lo stesso se non fosse sorretto da un comparto tecnico di altissima qualità capace di immergere completamente il giocatore nella magia del titolo. L’ultima incarnazione del Foundation Engine sviluppato da Crystal Dynamics mi è sembrata infatti in grado di sfruttare al meglio la potenza dell'Xbox One X messami a disposizione per la prova, con risultati a tratti quasi inaspettati. Nella modalità grafica principale, che permette di giocare l’intera avventura in 4K nativi a 30fps, l’immagine raggiunge livelli di dettaglio e pulizia straordinari, resi possibili dall’utilizzo massiccio di textures in alta definizione e dalla presenza di mirabili giochi di luce, che contribuiscono a rendere ancora più vivo il mondo di gioco. In modalità “Alte Prestazioni”, attivabile in qualunque momento dal menu, il gioco rinuncia invece ad una parte di questa “meraviglia” in favore di un frame-rate raddoppiato accoppiato ad una risoluzione Full HD. Durante la prova ho testato a fondo entrambe le modalità, che ovviamente supportano la tecnologia HDR, senza riscontrare particolari problemi se non quelli relativi ad alcune texture slavate e ad alcuni sporadici effetti di screen-tearing. Qualunque sia la vostra scelta, il mondo di Shadow of the Tomb Raider ha comunque le potenzialità per regalare sempre grandi emozioni. Poco importa che si tratti di uno stretto cunicolo, di una città addobbata di mille colori, di una foresta lussureggiante o di una caverna abbandonata da millenni. Il motore grafico restituisce sempre una sensazione di qualità altissima, ulteriormente impreziosita da un’aura decisamente più dark rispetto al passato. Ogni elemento del gioco sembra infatti risentire della scintilla oscura presente nella protagonista, e questo si traduce in ambientazioni dai toni oscuri, in animazioni massicce ed in esecuzioni sanguinose ma anche in sequenze di game over più cruente, che vedono la povera Lara finire spesso impalata o vittima di qualche predatore. Parlando di qualità grafica è poi impossibile non sottolineare lo spettacolo rappresentato dalle magnifiche sequenze subacquee, che grazie ad una realizzazione allo stato dell’arte, sia per quanto riguarda le scelte cromatiche che per quanto riguarda i numerosi elementi presenti, rappresentano senza dubbio uno dei punti di qualità più alti messi in mostra dal comparto grafico. A chiudere il cerchio ci pensano infine le splendide animazioni facciali dei personaggi, che trasmettono sempre la giusta emotività, e l’ottima recitazione che, anche in quest’ultimo capitolo, viene esaltata da un doppiaggio completo in lingua italiana di grande spessore.

In definitiva Shadow of the Tomb Raider sembra perfettamente in grado non solo di accontentare gli amanti della serie ma anche di concludere nel migliore dei modi una trilogia che ha, di fatto, segnato il ritorno di Lara Croft nell’olimpo dei videogiochi. Gli sviluppatori sembrano infatti aver trovato il giusto equilibrio fra tutti gli elementi, e se il gioco finale si manterrà su questi livelli ci troveremo con molta probabilità tra le mani il capolavoro che la saga aspetta da tanto, tantissimo, tempo. Ora però non ci resta che armarci di pazienza e attendere fiduciosamente il 14 settembre, per scoprire quanto sono profonde le ombre che si affacciano sul destino dell’affascinante archeologa.

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L'autore

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Classe 1985 e cresciuto a pane, Commodore e Amiga, nel 1991 riceve il suo primo NES e da allora niente è più lo stesso. Attraversa tutte le generazioni di console tra platform, GDR, giochi di guida e FPS fino al 2004, quando approda su Xbox. Ancora oggi, a distanza di anni, vive consumato da questo sentimento dividendosi tra famiglia, lavoro, videogiochi, corsa, cinema e serie TV, nell’attesa che qualcuno scopra come rallentare il tempo per permettergli di dormire almeno un paio d’ore per notte.

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