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Songbringer

Recensione - SongbringerXbox One DigitalGame

Il one-man-studio californiano Wizard Fu Games ci propone Songbringer, un The Legend of Zelda (il primo, quello 2D) in salsa sci-fi con elementi roguelike, un look in pixel art e tantissime situazioni atipiche. Vediamo di che si tratta.

Il Gioco

Roq, il protagonista di Songbringer, sta solcando la vastità del cosmo a bordo della sua moto spaziale insieme al suo amico, il simpatico robottino volante Jib, quando qualcosa va storto e il veicolo si schianta su un misterioso pianeta: la moto è fuori uso, quindi non gli rimane che esplorare i dintorni e cercare di sopravvivere alle numerose minacce presenti sul pianeta. Fortunatamente è precipitato proprio accanto ad una caverna nella quale trova una potente spada; questo gli permette di combattere contro le creature maligne del posto, ma con il ritrovamento della spada si è anche risvegliato un antico male che andrà inevitabilmente fermato.

Questa è la base narrativa di questa singolare avventura 2D con visuale dall'alto, sulla quale si poggia una struttura fatta principalmente di esplorazione e combattimenti, dove usiamo questa spada mistica per eliminare nemici più o meno pericolosi in un mondo astratto e folle, con la possibilità di distruggere anche ostacoli che ci sbarrano la strada o anche elementi decorativi dello scenario che magari nascondono denaro o punti salute. Anche l'eliminazione dei nemici ci porta diverse ricompense, quindi conviene sempre ripulire le varie aree anche se ogni tanto rinascono per darci ancora fastidio. Quasi tutti i combattimenti si svolgono con la pressione di un solo tasto, mentre il robottino Jib osserva senza partecipare all'azione. La varietà nelle battaglie viene in primis data dalle differenze tra i nemici, che possono variare da semi-innocue sfere rimbalzanti fino ad arrivare a creature aliene che caricano il giocatore come fossero tori o addirittura un drago nascosto nelle acque che spunta solo di tanto in tanto come fosse il mostro di Loch Ness.

Esplorando le aree è possibile trovare missioni secondarie, negozi o dungeon segreti dove ottenere oggetti o abilità specifiche che possono a loro volta stravolgere il modo di combattere. Se non si tratta di aggiornamenti alla salute o simili, può infatti essere qualcosa di utilizzabile anche in combattimento: un'abilità per schivare i colpi, delle bombe che fanno tantissimi danni e che possono distruggere alcuni elementi dello scenario e così via. Ogni tanto troviamo anche boss che richiedono una certa astuzia e abilità, ma comunque i combattimenti sono la parte meno affascinante del titolo; ciò in cui davvero eccelle Songbringer è offrire ambienti pieni di sorprese, novità ed elementi davvero originali.

MX Video - Songbringer

Ogni zona è una schermata statica che ci vede passare alla successiva quando oltrepassiamo uno dei bordi dello schermo: una chiara citazione al primo The Legend of Zelda. Queste zone, rigorosamente generate casualmente basandosi su un "seme di generazione", una parola da noi inventata che inseriamo ad inizio partita, formano nel loro insieme l'area corrente; il mondo di gioco è costituito da più aree connesse tra loro ognuna delle quali con una via d'uscita, vicoli ciechi, personaggi e dungeon. Sono soprattutto le dungeon ad offrire gli eventi più folli e le sfide maggiori, con occasionali enigmi da risolvere per aprire enormi cancelli o attivare meccanismi. Nulla di troppo complesso, non ci sono enigmi troppo cervellotici anche se a volte la logica dietro a certi meccanismi di gioco può essere sfuggente perché Songbringer è capace di offrire tante particolarità: scene di allucinazioni, scenari che si stravolgono, personaggi misteriosi che appaiono dal nulla, poteri mistici... il primo impatto con questi avvenimenti è notevole.

L'elemento roguelike del titolo non si esaurisce soltanto nella generazione casuale dei mondi: è anche possibile attivare nelle opzioni la morte permanente. Per chi vuole solo godersi la trama senza la ripetizione degli scenari, o semplicemente è meno abile in questo tipo di giochi (contando anche che la difficoltà sale abbastanza rapidamente), conviene ovviamente non attivare questa opzione e godere della possibilità di ripartire ogni volta non lontano dal punto di morte.

Il titolo, in questa maniera, può essere completato in una manciata di ore, anche se indubbiamente il permadeath può aumentare la durata per via dell'inevitabile ripetizione. La difficoltà globale ovviamente dipende anche dalla fortuna nella generazione dei mondi, ma i giocatori possono condividere tra loro i semi di generazione che danno vita a mondi più o meno impegnativi. Troviamo fortunatamente la localizzazione italiana, che traduce egregiamente tutti i testi e dialoghi, rigorosamente testuali anch'essi.

Amore

Sorpresa, sorpresa

- La cosa che ho maggiormente apprezzato in Songbringer è l'elemento sorpresa. Trattandosi di un roguelike gli elementi possono ripetersi e le novità non rimarranno tali a lungo, ma da appassionato del genere pensavo di ritrovare i soliti cliché e poco altro, ma così non è stato. Il gioco ha molto da offrire tra dungeon misteriosi, puzzle ambientali, alcuni nemici davvero atipici, fasi di allucinazione dove succedono cose davvero bizzarre ed equipaggiamenti particolari che offrono abilità come il teletrasporto; non voglio rovinarvi troppe sorprese, ma Songbringer sa offrire trovate insolitamente geniali.

Una bella pixel art

- Fin troppo spesso gli sviluppatori indie trovano scorciatoie allo sviluppo come la grafica 8-bit che spesso maschera un lato artistico poco curato o un livello di dettaglio misero. In Songbringer accade però l'esatto opposto: la grafica, pur essendo "pixelata", è incredibilmente variegata e curata, con mix di colori cupi ma affascinanti ed effetti speciali come riflessi e luci che donano nuova vita al look altrimenti retrò. Troviamo anche tanti elementi dinamici come gli uccelli che volano via quando il giocatore si avvicina o i pezzi dei nemici sparsi per terra. E il tutto è arricchito da una colonna sonora elettronica accattivante e atmosferica.

Odio

Confusione

- Il gioco offre una minimappa discretamente pratica per le aree visitate, ma la scelta di farla con pixel giganti rende la sua comprensione difficile, perché non sempre è chiaro da quali parti si può passare verso il prossimo schermo e dove invece la strada è bloccata. A volte il nostro obiettivo è indicato con un verde lampeggiante inconfondibile, altre volte si deve cercare in aree non piccole una stradina per andarsene. Per non parlare di alcuni dungeon o situazioni di gioco dove la soluzione è molto astratta e bisogna andare a tentativi per scoprire la logica per far aprire una porta o un passaggio. Le prime volte che giocherete a Songbringer passerete più tempo a gironzolare in posti già visitati che a fare reali progressi, perché inizialmente certe situazioni risulteranno davvero confuse.

Difficoltà incostante

- La componente roguelike quasi inevitabilmente causa un problema nei giochi che propongono tale elemento: una difficoltà decisa dalla casualità. Possono uscire run estremamente facili così come percorsi davvero impossibili, ma almeno in Songbringer c'è anche la possibilità di non attivare il permadeath. Detto questo la difficoltà è davvero poco bilanciata anche rispetto agli standard del genere, con un'alternanza di fasi estremamente facili a situazioni di gioco con boss ultracomplessi o nemici tosti che riducono la vita a zero in un paio di colpi. Dopo qualche dungeon, poi, la difficoltà diventa davvero difficile da sostenere, quindi bisogna solo pregare che certe combinazioni letali non escano quando non si è ancora ben potenziati.

Tiriamo le somme

Songbringer riesce a toccare molte note giuste: il suo mix di gameplay alla Zelda e roguelike funziona davvero bene, pur senza avere la profondità dei capisaldi delle due tipologie di giochi. Uno stile artistico molto azzeccato e una creatività ammirevole nelle situazioni di gioco vanno a nascondere alcuni problemi come la mancanza di profondità e una difficoltà altalenante, e sicuramente il loop di gameplay sarebbe potuto essere più variegato. Chi però è cresciuto con gli Zelda con visuale dall'alto ed è alla ricerca di un titolo che abbia quella sensazione di fascino dell'ignoto, può sicuramente trovare nel nuovo titolo di Wizard Fu Games molte ore di divertimento.
7.4

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L'autore

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Prima di saper scrivere a mano, sapeva già immettere i comandi DOS per avviare Doom, ma dopo una lunga vita al PC, il mondo di Halo lo avvicina alle console Microsoft. Non si nega i classici giochi tripla-A, specialmente gli FPS competitivi, ma passa la maggior parte del tempo a scovare gemme nascoste, dagli indie insoliti ai folli shmup giapponesi.

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Commenti

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