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Recensione - EvolveXbox OneGame

Il 27 dicembre del 1831 il giovane Charles Darwin inizia il suo viaggio a bordo della nave inglese Beagle. Nel suo vagare per le coste del Sud America, Australia, Indonesia e Sud Africa raccoglie sufficienti prove per la stesura del trattato “L’origine della Specie”, sostenendo che “una creatura nel suo habitat naturale tende a mangiare tutto quello che trova, per poter arrivare il più velocemente possibile al terzio stadio, fase nella quale è possibile sputare fuoco dalla bocca. A quel punto, gli umani inviati per arrestare la sua evoluzione vengono raggiunti e massacrati”. Più o meno...

Il Gioco

Vogliamo parlare di evoluzione? Partiamo dall’alto, dal disegno generale. Evolve non tratta di evoluzione, è esso stesso il risultato di un processo evolutivo che ha come protagonista il team di Turtle Rock Studios. Nel 2008, Left 4 Dead offrì ai giocatori un’esperienza cooperativa dove gli umani dovevano resistere ad ondate di zombie che avevano la debolezza di essere programmati e gestiti come carne da cannone, oltre al fatto di, beh, essere zombie. Sembra quindi normale che, come passo successivo, si sia preso lo stesso concetto per spingerlo oltre. Ed ecco Evolve. Dopo anni di titoli che offrono scontri multigiocatore simmetrici con un bilanciamento speculare a controllare che il risultato finale sia perfetto, Evolve prova a scardinare il sistema mettendo sul piatto un’idea che nulla ha a che vedere con equilibrio e simmetria. Da una parte una squadra di quattro giocatori. Ognuno con un ruolo definito: l’Assaltatore, pesantemente corazzato e armato, testa di ponte (e d’ariete) per infliggere il massimo carico di danni nel minor tempo possibile; il Trapper dotato di arnesi in grado di facilitare il compito di tutta la squadra, esempio perfetto è la cupola portatile che isola la zona dal resto del mondo impedendo a chiunque di entrare o uscire fino al suo esaurimento, è inoltre accompagnato ad una sorta di cane da caccia alieno capace di fiutare le tracce della preda e guidare tutto il team verso la sua posizione; il Supporto, invece, si occupa di offrire utili potenziamenti agli alleati, oltre ad essere l’unico con il numero di un bombardiere in rubrica; il medico infine si limita a curare i compagni feriti, rianimarli da posizione sicura e a segnalare la preda evidenziandola con dardi “traccianti” che allo stesso tempo la intontiscono.

Tutti utili, tutti complementari agli altri, tutti incredibilmente fragili nella loro solitudine.

Dall’altra parte la preda, o meglio, il mostro, anch’esso comandato da un giocatore. Il pianeta sul quale avviene il più grande safari dopo il big bang, Shear, ha della fauna molto diversa da quella terrestre. Nulla da togliere al leone, ma nel momento in cui ci si trova faccia a ginocchio (data la stazza è difficile guardarsi negli occhi) con un Golia, si rimpiange la soffice criniera del Re della Savana. Il Golia è il "cretino" del terrificante triumvirato che governa la catena alimentare di Shear. A differenza dei suoi colleghi, il Kraken e lo Spettro, non sa librarsi in aria, controllare la corrente, scomparire in una nuvola di fumo. In compenso è capace di impattare al suolo con la forza di una meteora, sputare fuoco, caricare a testa bassa con la furia di un treno e lanciare una roccia di grandi dimensioni.

Se il Golia non è abbastanza per chiedere al medico di intervenire in vista di uno cedimento dello sfintere, Turtle Rock Studios ha pensato bene di portare sulle nostre console anche Cthulhu in persona. Il nome è diverso, se vedendo il Kraken non pensate immediatamente a Lovecraft, significa che state guardando una tigre del bengala, siete in Kyrat e avete comprato il gioco sbagliato. Fatto della stessa materia di cui sono fatti gli incubi, il Kraken trae la sua forza da attacchi basati su statica ed elettricità. I suoi tentacoli sono fruste letali e la sua capacità di scagliare fulmini sulla testa dei cacciatori è una condanna a morte senza appello. L’ultimo della compagnia, lo Spettro, è forse il più terrificante. E non utilizzerò le prossime righe per descrivere quello che è in grado di fare. Andate e scopritelo. Tipo… Sorpresa!

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Cosa salva i cacciatori da morte certa, quindi? Come già detto il gioco di squadra, in questo scontro cinque contro uno, è la parte fondamentale. Sia per la capacità di danneggiare il mostro prima che sia in grado di pasteggiare con i cacciatori, sia per una questione di tempo. La creatura infatti non è letale fin da subito; certo, non si tratta di una partenza con coccole e fiocco rosa, ma per raggiungere un livello di pericolosità inarrestabile deve evolversi. Gli stadi di evoluzione sono tre, ed ogni volta che si passa a quello successivo è possibile scegliere delle nuove abilità o aggiungere potenziamenti a quelle già in uso. Per accumulare l’energia necessaria ad evolversi bisogna mangiare le altre creature presenti sul pianeta: ci sono assurdi bipedi (tipo tacchini alieni) che offrono zero sfida e altrettanta carne, oppure si può puntare a creature più grosse (alcune più del mostro stesso al primo stadio) che creano non pochi problemi prima di arrendersi ma saziano il cucciolo in breve tempo.

Tutti questi elementi - la squadra, le capacità di ogni cacciatore e del mostro e le regole per l’evoluzione - si uniscono a creare l’equilibrio di Evolve. All’inizio il mostro deve cercare di rimanere un’entità leggendaria, mangiare e crescere senza farsi vedere, e per riuscirci deve fare meno confusione possibile all’interno dell’enorme area di caccia: è importante uccidere le prede il più silenziosamente possibile e non lasciare tracce fiutabili dall’animaletto del Trapper. Durante questa fase i cacciatori tengono fede al loro nome e cercano di raggiungere la creatura il prima possibile, per colpirla quando non è ancora inarrestabile. Se il giocatore che controlla il mostro riesce a non farsi prendere nei primi minuti della partita, scatta il rovesciamento degli equilibri. I cacciatori diventano preda, e devono portare a termine gli obiettivi prima di essere massacrati.

Vi sono diversi tipi di partita. La più semplice pone come scopo quello di uccidere il mostro, o, dall’altra parte della barricata, di evolversi fino al livello massimo e uccidere i cacciatori (o distruggere un relè). Altre mettono in campo sopravvissuti da evacuare (o mangiare) e uova da distruggere (o salvare). Tutte le partite, ad ogni modo, si concludono qualora la squadra venga eliminata o il mostro abbattuto. Per questo Evolve non offre solo un gameplay da assalti frontali: la ritirata, spesso e volentieri, non è atto di codardia ma utile strumento per fare il punto della situazione e ritentare un’altra volta. I match strizzano maggiormente l’occhio alla guerra di logoramento piuttosto che alla blitzkrieg.
Man mano che si gioca e si vince si sbloccano potenziamenti e personaggi. All’inizio, ad esempio, fra i mostri il Golia è l’unico a disposizione. Anche fra gli umani vi sono 12 personaggi, divisi in tre per tipo. Ogni nuovo personaggio, ovviamente, rimane ben definito all’interno della sua classe, ma offre comunque delle piccole variazioni rispetto ai colleghi che possono incontrare i diversi gusti dei giocatori.

Sempre a proposito di gusti Evolve, nonostante offra il meglio di sé in sessioni multigiocatore, ci permette comunque la possibilità di affrontare il mostro, o i cacciatori, sotto il controllo dell’IA in partite in singolo che permettono di farsi le ossa e sbloccare i potenziamenti descritti poc'anzi. Giocando in singolo è possibile sia affrontare una singola missione che una campagna, ossia a dire una serie di partite collegate fra loro che attraversano tutte le modalità disponibili.

Amore

L’origine della specie

- L’idea alla base di Evolve è intrigante e fresca in molti aspetti. Il gioco asimmetrico che in realtà è più speculare di quanto si pensi, la necessità di evolversi come mostro od organizzarsi in quanto squadra, il meccanismo che porta le partite ad invertire il senso man mano che passa il tempo, come un implicito conto alla rovescia, sono tutti elementi caratterizzanti del gioco di Turtle Rock e di sicuro lo fanno risaltare fra gli altri, come successe all’epoca di Left 4 Dead.

Sono il pesce grosso!

- Ho particolarmente apprezzato il design delle tre creature presenti in Evolve, ed è alta la mia curiosità per le altre due attese nei prossimi mesi tramite DLC. Turtle Rock è riuscita a ben mescolare cliché del genere con una visione personale. Prendiamo ad esempio il Kraken: come già accennato sembra la versione digitale del celeberrimo dio lovecraftiano, ma allo stesso tempo non trasmette quella brutta sensazione di mostrone standard per consumi generici. Lo stesso si può dire per il Golia, e soprattutto per il migliore dei tre: lo Spettro. A questo va aggiunto l’ottimo feeling che si prova nel prenderne il controllo. Evolve rende al meglio l’idea di avere fra le mani un esemplare alpha della catena alimentare, una creatura devastante che vaga indisturbato per il suo habitat come un re nel suo castello. Per certi aspetti mi ha fatto pensare a Jurassic Park e a quei T-Rex che vagavano liberi per il parco distrutto, seminando angoscia con la loro presenza nascosta anche quando non erano in scena. Sensazione che può essere avvertita anche nel caso contrario, quando cioè si vestono i panni dei cacciatori. Umani immersi sì in una fauna pericolosa, ma alla ricerca di guai ancora più grossi.

Cacciatori non si nasce, si diventa… o si diventa il pranzo

- Evolve può essere approcciato nella maniera sbagliata. Chi pensa di prendere le veci del mostro e spaccare il mondo rischia di andare incontro ad una brutta sorpresa. Come dice il titolo, il massimo potenziale si esprime solamente attraverso l’evoluzione, senza di essa si è solo uno scimmione incazzato e manesco. Per poter godere appieno del gioco bisogna imparare a recitare i ruoli di preda e predatore a fasi alterne, accettare l’idea di uscirne sconfitti, di dover scappare, di non poter sempre incollarsi al grilletto e vomitare dolore. Ammetto di aver commesso tale errore nelle prime partite del gioco quando, preso il controllo del Golia, mi sono lanciato contro un gruppetto di quattro persone pensando “Pfuù, umani grandi come puffi con degli spilloni per ferirmi…”. In breve tempo sono diventato un puntaspilli. Partita dopo partita ho imparato a prendermi il mio tempo, a fare il gatto con il topo, ad approcciare il modo di videogiocare in maniera leggermente diversa da quanto fatto negli ultimi anni. Lo stesso, sempre nell’ottica di quel discorso speculare che sembra riuscire tanto bene al team di sviluppo, vale nel momento in cui si decide di entrare nella squadra del safari. Non basta sparare al mostro e nemmeno giocare banalmente di squadra. Bisogna prendere atto di ogni aspetto del proprio personaggio e fare il possibile per incastrarlo al meglio con le potenzialità degli altri giocatori. Allo stesso tempo è necessario avvicinarsi al momento dello scontro in maniera ragionata. Non si tratta di un semplice inseguimento, è qualcosa di più animalesco. Chi ha visto Predator ha ben chiaro a cosa mi riferisco.

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Odio

Caccia aperta, ma non per tutti

- La formula proposta in Evolve, purtroppo, dipende fortemente dalla disponibilità di collaboratori a disposizione. Non è un gioco pensato anche per la cooperativa, ma è un gioco fatto unicamente per la cooperativa. Certo, è possibile giocare contro l'IA in partite offline, ma in quel modo il divertimento rischia di durare davvero poco. L’intelligenza artificiale, per quanto valida, non offrirà mai gli imprevisti, i guizzi di veri giocatori e una volta padroneggiati i pattern è forte il rischio di trovarsi a ripetere una routine ben precisa. Anche il matchmaking con sconosciuti raccattati nella rete rischia di dare poche soddisfazioni: la mancanza di coordinazione è letale e rischia di favorire solamente il player ai comandi della creatura. Si tratta di un difetto solo nel momento in cui non si è ben consapevoli di cos’è Evolve. Comprare il gioco senza la certezza di poter organizzare dei gruppi di amici significa sfruttare il suo potenziale per meno della metà.

Non è un paese per turisti

- Ho notato con vivo dispiacere il piattume che avvolge le atmosfere del gioco. Se la banalità dei personaggi proposti è comprensibile in quanto voluta, quella degli ambienti di gioco è quasi fonte di rancore. Quando si ha a che fare con la fantascienza, sprecare tale potenziale illimitato con ambientazioni (intese come flora e fauna) e palette monotone e banali è un crimine imperdonabile. Dopo molteplici partite ancora non mi è rimasta impressa una mappa in particolare. Dal punto di vista prettamente tecnico Evolve si comporta egregiamente. Certo, qualche animazione poco curata o imprecisa la si nota, ma nel complesso il tutto si presenta in forma solida. Un fattore che rende ancora più grave la mancanza di fantasia messa in campo dallo sviluppatore.

Vicolo cieco evolutivo?

- Prima dicevo che Evolve è qualcosa in grado di spiccare fra tanti concorrenti perché offre degli spunti innovativi. C’è un problema però, e risiede nel fatto che tali spunti sono la novità, il cuore, le fondamenta e anche il superfluo del gioco. L’idea di un combattimento cinque contro uno, dell’evoluzione, dei mostri, delle mappe gigantesche non è solo quello che caratterizza il gioco, ma è il pacchetto completo. Il rischio, nemmeno tanto remoto, è che sul lungo periodo Evolve non riesca a legare i giocatori alle sue arene, al mondo di Shear. Le modalità a conti fatti sono quattro, e tutte bene o male offrono degli obiettivi che possono essere elusi uccidendo direttamente l’avversario. Nel momento in cui si perde gusto nel fare ciò si rischia di perdere interesse per tutto quello che è Evolve. Questo, a mio avviso, è il vero, grave, tallone d’Achille dell’opera di Turtle Rock Studios.

Matchmaking da limare

- Il lato multigiocatore di Evolve necessita di qualche rifinitura per dirsi ottimale. Oltre a casi di lag che portano ad affrontare un mostro di 12 metri che si muove a scatti, ho vissuto delle situazioni frustranti soprattutto in virtù del fatto che per partecipare ad una partita l’attesa non è delle più brevi. Un esempio su tutti: dopo aver atteso diversi minuti per entrare nella stanza mi sono ritrovato ai comandi di un Golia al primo stadio, il più debole, braccato da quattro veterani. Ho letteralmente mosso i miei primi passi sotto il fuoco nemico, per morire qualche istante dopo. Stavo ancora inveendo quando la partita seguente ha preso il via. Il tempo di atterrare, controllare l’equipaggiamento e sono stato assalito da un Kraken con un attacco furtivo. I miei compagni non hanno fatto in tempo a salvarmi e la mia partita si è conclusa nel giro di venticinque secondi. Tutto a fronte di attese durate mediamente cinque volte tanto. Questa critica, dev’essere vista come il tassello di un mosaico che va ad unirsi al poco carisma che ha Evolve nel momento in cui si gioca con sconosciuti e all’anonimato delle ambientazioni che non portano a sviluppare un senso strategico per l’area di gioco.

Tiriamo le somme

Spesso ci lamentiamo (mi metto anch’io fra gli imputati) della scarsa intraprendenza dell’industria, specialmente nelle produzioni ad alto budget. Sarebbe quindi facile stendere un tappeto rosso di fronte a qualsiasi nuova idea, a qualsiasi promessa di innovare; è necessario, però, riuscire a gestire lo strumento di critica nel miglior modo possibile anche di fronte a cose nuove, premiandole per il coraggio ma indicando i punti deboli e quello che non funziona. Evolve è un titolo capace di fare la felicità di chi sapeva bene a cosa stava andando incontro in quanto non presenta difetti debilitanti (se si esclude il bug che sembra cancellare i progressi quando si utilizza il proprio profilo su una diversa console); nel recente passato altri titoli hanno offerto ore di divertimento a chi ha saputo accontentarsi della loro pura e limitata essenza, nonostante sembrassero Destinati a cambiare il mondo. Allo stesso tempo Evolve è un gioco che non punta alle stelle, non ha un mordente capace di imporre la sua presenza a tutti e, di qui a qualche mese, è probabile che la compagine di cacciatori si restringa ai fan più accaniti.
7.0

Recensione realizzata grazie al supporto di 2K Games e Xbox.


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L'autore

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Un giorno qualcuno gli disse che c'erano altri giochi oltre Age of Empire. Da quel momento è alla ricerca dell'esperienza definitiva, molti sostengono faccia apposta a non trovarla per poter continuare a giocare. Convinto sostenitore de "il voto non fa il gioco", scrive su diversi siti, un paio addirittura creati da lui. Un giorno scomparira nel nulla in un vortice di gameplay, o impazzito scenderà in strada urlando di minacce a New York e brandendo una spada immaginaria.

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